Da dove passano i diritti e l'inclusione? Mappe e territori

 

Il primo passo da compiere prima di parlare di diritti e di inclusione delle persone con disabilità, soprattutto quelle con grave disabilità, è quello di prendere coscienza che oggi, chi versa in questa situazione, è privato del suo diritto di autodeterminarsi e che l'inclusione avviene, quando avviene, a condizione che esse rinuncino alla loro libertà.

 

Senza la possibilità di poter contare su uno o più assistenti personali la persona con disabilità non può autodeterminarsi, non può darsi un futuro, metter su casa, ad esempio, ospitare amici, cercarsi un compagno o una compagna, vivere la propria sessualità, essere genitore, andare a zonzo, continuare gli studi, cercarsi un lavoro, seguire i propri orientamenti religiosi, partecipare alla vita pubblica, insomma, quello che fanno tutti senza rendersi conto di quante occasioni hanno per le mani

 

Perché la persona con disabilità possa darsi delle occasioni è necessaria l'assistenza personale autogestita.
Solo con la garanzia di quest'ultima, infatti, la persona può fare delle scelte. Può scegliere l'ora, il modo, il luogo in cui alzarsi e coricarsi, come e quando uscire di casa, dove andare e chi frequentare. Solo così può progettare il futuro perché l'assistente personale è una figura professionale cercata, scelta, addestrata, stipendiata, diretta dalla persona con disabilità, che ne usufruisce per svolgere il servizio che ha concordato.

Si tratta dunque di una figura sostanzialmente diversa dal personale assistenziale che viene fornito tradizionalmente perché risponde senza intermediari alla persona con disabilità che la assume, con qualche eccezione per le disabilità intellettive.

 

I movimenti di liberazione per la Vita Indipendente delle persone con disabilità nel mondo e in Italia operano affinché la classe politica e la società civile accolgano l'idea che per garantire alle persone con disabilità la possibilità di autodeterminarsi e, di conseguenza, pari opportunità è necessario assicurare loro prima di tutto l'assistenza personale per la Vita Indipendente.

 

Il Coordinamento Nazionale per la Vita Indipendente, riunito proprio in questi giorni a Roma dal 4 al 6 ottobre 2007 presso il centro Don Orione in via della Camilluccia 120, sostiene che, anche secondo i principi della costituzione italiana, l'assistenza personale autogestita è un diritto soggettivo esigibile, ma constata amaramente che ne’ la legge 104/92 come modificata dalla “162” ne’ la “328”, ovvero le leggi quadro sull’handicap e sul riordino dell’assistenza sociale in Italia, hanno reso concreto ed esigibile il diritto all’assistenza e all’aiuto personale alle persone con disabilità grave.

 

Le regioni affermano infatti che la programmazione regionale dei servizi sociali e gli accordi di  programma realizzati in attuazione della legge 162/98 già oggi includono gli interventi di aiuto alle persone e familiari, e i programmi di assistenza personale per la Vita Indipendente.

 

Sottolineano poi che lo Stato si deve limitare a finanziare il Fondo Nazionale Politiche Sociali senza interferire nelle politiche sociali regionali programmate in accordo con le Conferenze dei Sindaci ed attuate in base alla legge 328/2000, ai piani di zona, ai piani locali per la domiciliarità e per la disabilità.

 

Il diritto all’assistenza personale  per la “Vita Indipendente” continua intanto ad essere inesigibile per l’insufficienza dei finanziamenti e per la discrezionalità degli Enti Locali. 

Le Regioni saltano a piè pari il problema e discutono l’istituzione di un proprio fondo per la non autosufficienza finanziato da una “tassa di scopo”, ma non sono intenzionate a finanziare il servizio di assistenza personale per la Vita Indipendente. E anche laddove questo è avvenuto, come in Veneto, con l’istituzione di uno specifico capitolo di bilancio finanziato con risorse della Regione, il diritto all’assistenza autogestita per le persone con gravissima disabilità funzionale e l’impossibilità di far fronte alle necessità della vita quotidiana, non è stato garantito.

 

In primo luogo per l’insufficienza del finanziamento, in parte per le diverse modalità applicative delle ASL e poi per la programmazione regionale che assegnando i finanziamenti ai piani sociali locali ha reso discrezionale ciò che prima era specificatamente normato.

 

Già oggi le Regioni potrebbero stanziare maggiori finanziamenti e rispondere positivamente alle richieste delle persone con disabilità gravissima. Se anche in un prossimo futuro decidessero di farlo, magari perché lo Stato potenzia i trasferimenti del FNPS agli Enti Locali, come potrebbe essere garantita l’esigibilità e l’uniformità di tali interventi?

Chi potrebbe garantire ad una persona con gravissima disabilità di un piccolo comune del sud di poter ricevere lo stesso servizio di una persona con gravissima disabilità di un ricco comune del nord?

Chi potrà evitare che le buone intenzioni delle 20 Regioni e degli 8000 comuni si traducano in 8000 fantasiosi interventi locali?

Bisogna che il governo, i politici, i giuristi, gli amministratori ci aiutino a definire una proposta di legge adeguatamente finanziata in grado di dare effettiva esigibilità ad un diritto costituzionalmente sancito e  ancora oggi negato.

 

Questa mattina abbiamo chiesto al Ministro Ferrero di aprire un tavolo permanente di confronto e di porre all’attenzione del legislatore la nostra istanza affinchè il diritto all’assistenza, in tutte le forme previste dalla legge, non continui a restare solo una possibilità ma diventi, finalmente, un obbligo degli enti locali ed un diritto, soggettivo, di cittadinanza della persona con grave disabilità.

 

Nell'attesa ci raccomandiamo al coraggio e alle menti di politici e amministratori illuminate dai seguenti principi della Carta delle Nazioni Unite, all’Articolo 19 (Vivere in maniera indipendente ed essere inclusi nella comunità), recita: “Gli Stati Parte di questa Convenzione riconoscono l’eguale diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, in pari condizioni di scelta rispetto agli altri membri, e prenderanno misure efficaci e appropriate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e della piena inclusione e partecipazione all’interno della comunità, anche assicurando che:

b) le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi di sostegno domiciliare, residenziale o di comunità, compresa l’assistenza personale necessaria a sostenere la vita e l’inclusione all’interno della comunità e a prevenire l’isolamento o la segregazione fuori dalla comunità”.

 

Per il Coordinamento Nazionale per la Vita Indipendente

 

Ida Sala

 

 

 

 

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